Scienziati provenienti da Italia e Francia hanno esaminato i rivestimenti murali di tre anfore a luglio e hanno scoperto che gli antichi viticoltori romani usavano uva locale e i loro fiori mentre importavano resina e spezie da altre regioni d'Europa, ha riportato la biblioteca elettronica PlosOne.
Gli esperti guidati da Donatella Magri dell'Università La Sapienza di Roma hanno esaminato le anfore utilizzate per la conservazione dei vini rossi e bianchi con spettrometria di massa e dati paleobotanici sul polline e sui tessuti dell'uva selvatica Vitis e dei suoi fiori. Il loro obiettivo era scoprire come gli antichi romani producevano il vino e da dove ricavassero le materie prime.
La caratteristica forma del polline dell'uva, così come la composizione chimica delle pareti delle anfore, testimoniano il fatto che per la produzione del vino si utilizzava l'uva locale selvatica o coltivata. Vi sono inoltre tracce di resine e sostanze aromatiche, che probabilmente furono importate da vignaioli calabresi o siciliani.
Gli scienziati hanno studiato tre anfore che sono state scoperte alcuni anni fa sulla costa vicino al villaggio italiano di San Felice Circeo, nella regione Lazio. Secondo gli esperti, le navi sarebbero cadute sul fondo del Mar Tirreno dopo il naufragio di una o più navi, e le anfore sarebbero state successivamente portate a riva
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