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NotizieViolazioni dei diritti umani in Myanmar, Messico e Nagorno-Karabakh

Violazioni dei diritti umani in Myanmar, Messico e Nagorno-Karabakh

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Giovedì il Parlamento europeo ha adottato tre risoluzioni sulle rispettive situazioni dei diritti umani in Myanmar, Messico e Nagorno-Karabakh.

Myanmar, a un anno dal golpe

A più di un anno dal colpo di stato in Myanmar del 1° febbraio 2021, il Parlamento ribadisce di condannare fermamente la presa del potere violenta da parte della giunta militare e le atrocità che ne sono seguite perpetrate contro la popolazione del Paese, comprese le uccisioni di massa e altri diffusi diritti umani violazioni.

I deputati invitano i militari, sotto la guida del comandante in capo Min Aung Hlaing, a rispettare pienamente l'esito delle elezioni democratiche tenutesi nel novembre 2020, a rilasciare l'ex consigliere di Stato detenuto Aung San Suu Kyi e tutti gli altri prigionieri politici, a reintegrare il governo civile e ad adottare misure per stabilire un dialogo e una riconciliazione con tutte le parti interessate.

Nella risoluzione, i deputati sottolineano anche quanto siano sconvolti dai crimini dei Tatmadaw (militari birmani) contro i gruppi etnici e religiosi nel Paese, compresi i Rohingya ei cristiani. Accolgono con favore la decisione dell'UE di introdurre ed espandere le sanzioni nei confronti del Myanmar a seguito del colpo di stato e della successiva repressione, ma chiedono ulteriori misure più severe: ad esempio, potrebbero essere prese di mira le riserve delle banche centrali.

Il testo è stato approvato con 646 voti favorevoli, 1 contrari e 20 astensioni. Per ulteriori dettagli, sarà disponibile la versione completa del rapporto qui. (10.03.2022)

La situazione dei giornalisti e diritti umani difensori in Messico

I deputati condannano il ritmo allarmante con cui giornalisti e difensori dei diritti umani in Messico, inclusi difensori ambientali e indigeni, vengono minacciati, molestati e uccisi.

La risoluzione rileva che il Messico è stato a lungo il luogo più pericoloso e mortale per i giornalisti al di fuori di una zona di guerra ufficiale, come riportato da diverse organizzazioni non governative. Si afferma che, secondo fonti ufficiali, almeno 47 giornalisti sono stati assassinati nel Paese dalle ultime elezioni presidenziali del luglio 2018.

Oltre alle minacce poste dai cartelli della droga e da altre reti criminali, il Parlamento prende atto con preoccupazione anche delle "critiche sistematiche e dure" utilizzate dalle massime autorità del governo messicano contro i giornalisti e il loro lavoro, condannando i frequenti attacchi alla libertà dei media e operatori dei media. I deputati chiedono alle autorità di astenersi dal stigmatizzare giornalisti e difensori dei diritti umani e di garantire la loro protezione.

Il testo afferma esplicitamente che il presidente del Messico Andrés Manuel López Obrador ha spesso utilizzato i briefing con la stampa per denigrare e intimidire i giornalisti indipendenti. I deputati affermano che questa retorica di abusi genera un'atmosfera di incessante agitazione nei confronti dei media indipendenti.

Il testo è stato adottato con 607 voti favorevoli, 2 contrari e 73 astensioni. Sarà disponibile per intero qui. (10.03.2022)


La distruzione del patrimonio culturale nel Nagorno-Karabakh

Il Parlamento condanna fermamente la continua politica dell'Azerbaigian di cancellare e negare il patrimonio culturale armeno all'interno e intorno al Nagorno-Karabakh, in violazione del diritto internazionale e del recente decreto della Corte internazionale di giustizia che afferma che l'Azerbaigian deve prevenire e punire qualsiasi atto di vandalismo e profanazione.

Il testo riconosce che la cancellazione del patrimonio culturale armeno nella regione fa parte di un modello più ampio di una politica sistematica a livello statale di "armenofobia", revisionismo storico e odio verso gli armeni promossa dalle autorità azere.

Sottolinea inoltre che il patrimonio culturale ha una dimensione universale come testimonianza di una storia inseparabile dall'identità dei popoli, che la comunità internazionale deve proteggere e preservare per le generazioni future.

L'ultimo conflitto armato tra Armenia e Azerbaigian si è concluso con un accordo su un cessate il fuoco completo entrato in vigore il 10 novembre 2020.

La risoluzione è stata adottata con 635 voti favorevoli, 2 contrari e 42 astensioni. Per maggiori dettagli, sarà disponibile la versione completa qui. (16.12.2021)

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