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Dichiarazione del Segretario Generale della Comece sul dibattito del PE su “Minacce globali ai diritti di aborto”

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In vista della discussione prevista per oggi, mercoledì 8 giugno 2022, al Parlamento Europeo dal titolo “Minacce globali al diritto all'aborto: il possibile ribaltamento del diritto all'aborto negli Usa da parte della Corte Suprema”, il Segretario Generale della Comece, don Manuel Barrios Prieto, ha rilasciato la seguente dichiarazione:

STRASBURGO, FRANCIA – Sala plenaria del Parlamento europeo a Strasburgo. (Credito: Shutterstock)

Vediamo con sorpresa che il Parlamento europeo discuterà l'impatto di una bozza di parere trapelata della Corte Suprema degli Stati Uniti sull'aborto. Si tratta di un'ingerenza inaccettabile nelle decisioni giurisdizionali democratiche di uno Stato sovrano, un Paese che non è nemmeno uno Stato membro dell'UE. L'adozione di una risoluzione da parte del Parlamento europeo che avalla questa interferenza non farà che screditare questa istituzione.

A questo proposito, vorremmo ribadire che, dal punto di vista giuridico, non esiste un diritto all'aborto riconosciuto nel diritto europeo o internazionale. Pertanto, nessuno Stato può essere obbligato a legalizzare l'aborto, o ad agevolarlo, o essere strumentale per praticarlo.

L'UE dovrebbe rispettare le competenze legislative dei suoi Stati membri e il principio di attribuzione in base al quale l'Unione agisce solo nei limiti delle competenze attribuitele dagli Stati membri nei trattati per conseguire gli obiettivi ivi stabiliti (Articolo 5.2 del Trattato dell'Unione Europea). Come Comitato Permanente della COMECE espresso in una dichiarazione del febbraio 2022 il tentativo di introdurre un presunto diritto all'aborto nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea sarebbe una legge "privo di fondamento etico e destinato a essere motivo di conflitto perpetuo tra i cittadini dell'UE".

Notiamo inoltre con grande preoccupazione e rammarico la negazione del diritto fondamentale all'obiezione di coscienza, che è un'emanazione della libertà di coscienza, come dichiarato dall'articolo 10.1 del Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e riconosciuto dal Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite (caso Jeong et al c. Repubblica di Corea, 27 aprile 2011). Siamo allarmati dal fatto che il diritto delle istituzioni sanitarie a rifiutarsi di fornire determinati servizi, compreso l'aborto, sia indebolito o, addirittura, negato. Come affermato dall'Assemblea Parlamentare del Consiglio d'Europa nel suo Risoluzione 1763 (2010) sul diritto all'obiezione di coscienza nelle cure mediche legali “nessuna persona, ospedale o istituzione può essere costretta, ritenuta responsabile o discriminata in alcun modo a causa del rifiuto di eseguire, accogliere, assistere o sottoporsi ad un aborto, l'esecuzione di un aborto spontaneo umano (...) o qualsiasi atto che possa causare la morte di un feto o di un embrione umano, per qualsiasi motivo”.

Come Comitato Permanente della COMECE evidenziato: “Siamo consapevoli della tragedia e della complessità delle situazioni in cui si trovano le madri che intendono abortire. Prendersi cura delle donne che si trovano in una situazione difficile o di conflitto a causa della gravidanza è una parte centrale del ministero diaconale della Chiesa e deve essere anche un dovere esercitato dalle nostre società. Le donne in difficoltà non dovrebbero essere lasciate sole, né il diritto alla vita del nascituro può essere ignorato. Entrambi devono ricevere tutto l'aiuto e l'assistenza necessari”.
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