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Venerdì, aprile 26, 2024
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Sulla comparsa delle eresie

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Autore ospite
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Di San Vincenzo di Lerin,

da la sua notevole opera storica “Libro commemorativo dell’antichità e dell’universalità della fede congregazionale”

Capitolo 4

Ma per rendere più chiaro quanto abbiamo detto, è necessario illustrarlo con esempi separati e presentarlo un po' più in dettaglio, affinché, nel nostro perseguimento di un'eccessiva brevità, la parola affrettata tolga valore alle cose.

Al tempo di Donato, da cui deriva il nome “donatisti”, quando gran parte del popolo africano era corso allo scoppio del proprio errore, quando, dimenticando nome, fede, confessione, avevano riposto la sacrilega incoscienza di uno uomo davanti alla Chiesa di Cristo, dunque, in tutta l'Africa, solo coloro che, disprezzando l'immondo scisma, avevano aderito alla Chiesa universale, potevano conservarsi incolumi nel santuario della fede conciliare; infatti hanno lasciato alle generazioni l'esempio di come poi prudentemente anteporre la salute di tutto il corpo alla follia di uno, o al massimo di pochi. Inoltre, quando il veleno ariano aveva infettato non qualche angolo, ma quasi tutto il mondo, tanto che un'oscurità aveva offuscato l'animo di quasi tutti i vescovi di lingua latina, guidati un po' con la forza, un po' con l'inganno, e impediva loro di decidere quale condotta seguire in questa confusione – allora solo chi ha veramente amato e adorato Cristo e ha posto l’antica fede al di sopra del nuovo tradimento è rimasto incontaminato dal contagio che viene dal toccarlo.

I pericoli dell'epoca mostrarono più chiaramente quanto l'introduzione di un nuovo dogma potesse essere fatale. Perché poi sono crollate non solo le piccole cose, ma anche le cose più importanti. Non solo le parentele, i consanguinei, le amicizie, le famiglie, ma anche le città, i popoli, le province, le nazioni e infine l'intero Impero Romano fu scosso e scosso fin dalle fondamenta. Infatti, dopo che questa stessa vile innovazione ariana, come una Bellona o una furia, ebbe prima catturato l'imperatore, e poi assoggettato alle nuove leggi e tutte le persone più alte del palazzo, non cessò di mescolare e confondere tutto, privato e pubblico, sacro e blasfemo, non per distinguere il bene dal male, ma per colpire chi vuole dall'alto della sua posizione. Allora le mogli furono violentate, le vedove insultate, le vergini disonorate, i monasteri distrutti, il clero perseguitato, i diaconi flagellati, i preti esiliati; prigioni, segrete e miniere erano affollate di santi uomini, la maggior parte dei quali, dopo essere stato negato l'accesso alle città, scacciati ed esiliati, caddero, rovinati e distrutti dalla nudità, dalla fame e dalla sete tra deserti, caverne, bestie, e rocce. E tutto questo non accade soltanto perché l'insegnamento celeste viene soppiantato dalla superstizione umana, l'antichità, che poggiava su solide basi, viene rovesciata da una sozza novità, gli antichi stabiliti vengono insultati, i decreti dei padri sono cancellati, le determinazioni dei i nostri antenati si trasformano in lanugine e polvere, e le mode passeggere della nuova curiosità viziosa non sono mantenute entro i limiti irreprensibili dell'antichità santificata e incorrotta?

Capitolo 5

Ma forse lo inventiamo per odio per il nuovo e amore per il vecchio? Chi la pensa così, creda almeno al beato Ambrogio, il quale nel suo secondo libro all'imperatore Graziano, lamentando egli stesso il tempo amaro, dice: “Ma basta, o Dio onnipotente, noi siamo stati spazzati via con il nostro esilio e con la nostra sangue la strage dei confessori, gli esilii dei preti e la malvagità di questa grande malvagità. È abbastanza chiaro che coloro che hanno contaminato la fede non possono essere al sicuro.' E ancora nel terzo libro della stessa opera: “Osserviamo i precetti degli antenati e non osiamo violare con grossolana incoscienza i sigilli da loro ereditati. Quel Libro Profetico sigillato, né anziani, né potenze, né angeli, né arcangeli osarono aprirlo: solo a Cristo era riservato il diritto di spiegarlo per primo. Chi di noi oserebbe rompere il sigillo del Libro Sacerdotale, sigillato dai confessori e santificato dal martirio di non uno e due? Alcuni furono costretti ad aprirlo, ma poi lo richiusero, denunciando la frode; e coloro che non osarono profanarla divennero confessori e martiri. Come negare la fede di coloro di cui proclamiamo la vittoria?' E infatti lo proclamiamo, o venerabile Ambrogio! Infatti la proclamiamo e, lodandola, la ammiriamo! Chi dunque è così stolto che, pur non avendo la forza di raggiungere, non brama almeno di seguire coloro ai quali nessuna potenza potrebbe impedire di difendere la fede degli antenati: né minacce, né lusinghe, né vita, né la morte, né il palazzo, né le guardie, né l'imperatore, né l'impero, né gli esseri umani, né i demoni? Dio li giudicò degni di un grande dono, affermo, perché si ostinarono a mantenere l'antichità religiosa: restaurare per mezzo loro le chiese decadute, far rivivere nazioni morte nello spirito, rimettere le corone gettate sul capo dei sacerdoti, asciugare quelle perniciose non scritture, e la macchia della nuova empietà con un fiume di lacrime di fedeli versato dall'alto sui vescovi, e riconquistare infine quasi tutto il mondo, travolto dalla terribile tempesta di questa inaspettata eresia, dal nuova incredulità all'antica fede, dalla nuova follia all'antica prudenza, dalla nuova cecità all'antica luce. Ma in tutta questa virtù quasi divina dei confessori, una cosa ci sta molto a cuore: che poi, ai tempi della Chiesa antica, si incaricarono di proteggere non una parte, ma il tutto. Infatti non era giusto che uomini così grandi ed illustri sostenessero con così grande sforzo i sospetti incerti e spesso contraddittori tra loro di uno o due o tre, né entrassero in battaglia per qualche accordo casuale in qualche provincia; ma, seguendo i decreti e le determinazioni di tutti i sacerdoti della santa Chiesa, eredi della verità apostolica e conciliare, preferirono tradire se stessi, ma non l'antica fede universale.

Capitolo 6

Grande dunque è l'esempio di questi beati uomini, indubbiamente divini, e degno di ricordo e di instancabile riflessione da parte di ogni vero cristiano; poiché essi, come un sette candelieri, sette volte splendenti della luce dello Spirito Santo, posero davanti agli occhi dei posteri la regola più luminosa, come poi, tra le delusioni di varie parole oziose, avrebbero dovuto scontrarsi con l'audacia dell'empia innovazione con l'autorità dell'antichità santificata. Ma questa non è una novità. Perché nella Chiesa è sempre stato vero che più una persona è religiosa, più è pronta a opporsi alle innovazioni. Ci sono innumerevoli esempi del genere. Ma per non lasciarci trasportare, prendiamone uno solo, e preferibilmente della sede apostolica; perché ognuno può vedere più chiaramente con quale forza, con quale aspirazione e con quale zelo i beati seguaci dei beati apostoli difesero invariabilmente l'unità della fede una volta raggiunta. Un tempo il venerabile Agrippino, vescovo di Cartagine, fu il primo che, contrariamente al canone divino, contrariamente alla regola della Chiesa universale, contrariamente alle opinioni di tutti i suoi confratelli sacerdoti, contrariamente al costume e all'istituzione degli antenati, pensò che il Battesimo debba essere ripetuto. Questa innovazione comportava così tanto male che non solo diede a tutti gli eretici un esempio di sacrilegio, ma ingannò anche alcuni fedeli. E poiché dovunque il popolo mormorava contro questa innovazione, e dovunque tutti i sacerdoti vi si opponevano, ciascuno secondo il grado del suo zelo, allora vi si oppose il beato papa Stefano, prelato del trono apostolico insieme con i suoi compagni, ma con il più zelo di il tutto, ritenendo, secondo me, che debba superare tutti gli altri nella devozione alla fede, tanto quanto li supera nell'autorità del suo ufficio. E infine, in un’Epistola all’Africa, afferma quanto segue: “Niente è soggetto a rinnovamento, solo la Tradizione deve essere rispettata”. Quest'uomo santo e prudente comprese che la vera pietà non ammette altra regola se non quella che tutto sia trasmesso ai figli con la stessa fede con cui è stato ricevuto dai padri; che non dovremmo condurre la fede secondo i nostri capricci, ma al contrario – seguirla dove ci conduce; e che è proprio della modestia e dell'austerità cristiana non trasmettere ciò che è suo ai posteri, ma preservare ciò che ha ricevuto dai suoi antenati. Qual era allora la soluzione a tutto questo problema? Che cosa, infatti, se non il solito e il familiare? Vale a dire: il vecchio è stato preservato e il nuovo è stato vergognosamente rifiutato.

Ma forse fu allora che la sua innovazione mancò di mecenatismo? Al contrario, aveva dalla sua parte tali talenti, tali fiumi di eloquenza, tali aderenti, tale plausibilità, tali profezie delle Scritture (interpretate, ovviamente, in modo nuovo e malvagio) che, a mio avviso, tutta la congiura non avrebbe potuto crollare in nessun altro modo se non in un altro: la decantata innovazione non ha resistito al peso della propria causa, che ha intrapreso e difeso. Quello che è successo dopo? Quali sono state le conseguenze di questo Consiglio o decreto africano? Per volontà di Dio, nessuno; tutto è stato distrutto, rifiutato, calpestato come un sogno, come una favola, come una finzione. E, oh, svolta meravigliosa! Gli autori di questo insegnamento sono considerati fedeli, ed i suoi seguaci eretici; gli insegnanti vengono assolti, gli studenti vengono condannati; gli autori dei libri saranno i figli del Regno di Dio, e i loro difensori saranno inghiottiti dal fuoco dell'inferno. Allora chi è lo stolto che dubiterà che quel luminare tra tutti i vescovi e martiri – Cipriano, insieme ai suoi compagni, regnerà con Cristo? Oppure, al contrario, chi è capace di questo grande sacrilegio per negare che i donatisti e gli altri uomini perniciosi, che si vantano di essere stati ribattezzati in base all'autorità di quel concilio, bruceranno nel fuoco eterno insieme al diavolo?

Capitolo 7

Mi sembra che questo giudizio sia stato reso noto dall'alto soprattutto per l'inganno di coloro che, pensando di mascherare qualche eresia sotto nome straniero, sono soliti appropriarsi degli scritti di qualche autore antico, non molto chiari, che per ragione della loro oscurità corrispondono agli ujkim del loro insegnamento; così che quando mettono fuori questa cosa da qualche parte, non sembrano essere i primi o gli unici. Questo loro tradimento, secondo me, è doppiamente odioso: primo perché non hanno paura di offrire da bere ad altri il veleno dell'eresia, e secondo perché con mano empia fomentano la memoria di qualche sant'uomo, come se ravvivavano carboni già divenuti cenere, e ciò che doveva essere sepolto nel silenzio, lo fanno conoscere nuovamente, riportandolo alla luce, divenendo così seguaci del loro progenitore Cam, il quale non solo non coprì la nudità del venerabile Noah, ma lo ha mostrato agli altri, per ridere di lui. Perciò si procurò un dispiacere per aver insultato la pietà filiale, così grande che anche i suoi discendenti furono vincolati dalla maledizione dei suoi peccati; non era affatto simile ai suoi beati fratelli, i quali non si lasciavano contaminare gli occhi dalla nudità del loro venerabile padre, né lo rivelavano ad altri, ma distogliendo gli occhi, come sta scritto, lo coprirono: né approvarono, né fecero conoscere la trasgressione del sant'uomo, e quindi furono ricompensati con una benedizione per loro e per la loro posterità.

Ma torniamo al nostro argomento. Perciò dovremmo essere pieni di grande paura e terrore del crimine di cambiare la fede e di profanare la pietà; Ce lo impedisce non solo l'insegnamento sulla struttura della Chiesa, ma anche l'opinione categorica degli apostoli con la loro autorità. Perché tutti sanno con quanta severità, durezza, accanimento il beato apostolo Paolo attacca alcuni che, con sorprendente facilità, sono passati troppo presto da colui che «li chiamava alla grazia di Cristo, a un altro vangelo, non che ce ne sia un altro», “i quali, spinti dalle loro concupiscenze, hanno raccolto a sé maestri, avendo distolto gli orecchi dalla verità e si sono rivolti alle favole”, che “vengono sotto condanna, perché hanno rigettato la loro prima promessa”, gli stessi sono ingannati da coloro dei quali l'apostolo scrive ai fratelli di Roma: «Vi esorto, fratelli, a guardarvi da coloro che producono divisioni e seduzioni contrarie alla dottrina che avete imparato, e guardatevi da loro. Perché tali non servono il Signore nostro Gesù Cristo, ma il loro ventre, e con parole dolci e lusinghiere ingannano il cuore degli ingenui», «che si insinuano nelle case e seducono le mogli gravate di peccati e possedute da varie concupiscenze, mogli che imparano sempre e non possono mai giungere alla conoscenza della verità”, “chiacchieroni e ingannatori, … rovinano intere case insegnando ciò che non dovrebbero per amore di vile guadagno”, “uomini dalla mente perversa, rifiutati dalla fede” , “offuscati dall'orgoglio, non sanno nulla e sono stufi di dibattiti e discussioni inutili; pensano che la pietà serva a guadagno», «essendo disoccupati, sono soliti andare di casa in casa; e non solo sono oziosi, ma sono loquaci, curiosi e dicono cose disdicevoli”, “che, rifiutando una buona coscienza, fanno naufragio nella fede”, “le cui immonde vanità si accumuleranno in altra malvagità, e le loro parole la volontà si diffonde come una dimora'. Di loro sta scritto anche: “Ma non riusciranno più, perché la loro stoltezza sarà rivelata a tutti, come è stata rivelata la loro stoltezza”.

Capitolo 8

E così, quando alcuni di questi, viaggiando per le province e le città, portando con sé le loro illusioni, come merce, arrivarono fino ai Galati; e quando i Galati, dopo averli ascoltati, ebbero una specie di nausea della verità e vomitarono la manna dell'insegnamento apostolico e conciliare, e cominciarono a godere delle impurità della novità eretica, si manifestò l'autorità dell'autorità apostolica, per decretiamo con somma severità: «Ma se anche noi, dice l'apostolo, o un angelo dal cielo vi predicasse qualcosa di diverso da quello che vi abbiamo predicato, sia anatema». Perché dice “ma se anche noi” e non “ma se anche io”? Ciò significa: “anche Pietro, anche Andrea, anche Giovanni, infine anche tutto il coro apostolico vi dovesse predicare qualcosa di diverso da quello che vi abbiamo già predicato, sia anatema”. Terribile crudeltà, quella di non risparmiare né te stesso né gli altri tuoi confratelli, affinché possa essere confermata la solidità della fede originaria! Ma non è tutto: «Anche se un angelo dal cielo, dice, vi predicasse qualcosa di diverso da quello che vi abbiamo predicato, sia anatema». Per la conservazione della fede, una volta trasmessa, non bastava menzionare soltanto la natura umana, ma bisognava includere anche la natura angelica superiore. "Nemmeno noi, dice, o un angelo dal cielo." Non perché i santi angeli del cielo siano ancora capaci di peccare, ma perché vuole dire: anche se accadesse l’impossibile – chiunque, chiunque, tentasse di cambiare la fede una volta che ci è stata consegnata – sia anatema. Ma forse lo ha detto sconsideratamente, piuttosto lo ha riversato, spinto dall'impulso umano, piuttosto che lo ha decretato, guidato dalla ragione divina? Assolutamente no. Seguono infatti parole piene dell'enorme peso dell'affermazione ripetuta: "Come abbiamo già detto, ora lo ripeto: se qualcuno vi predica qualcosa di diverso da quello che avete ricevuto, sia anatema". Non ha detto «se qualcuno vi dice qualcosa di diverso da quello che avete accettato, sia benedetto, lodato, accettato», ma ha detto: sia anatema, cioè allontanato, scomunicato, escluso, affinché non si verifichi il terribile contagio di un pecore per contaminare il gregge degli innocenti di Cristo con la sua velenosa mescolanza con lui.

Nota: Il 24 maggio la Chiesa celebra la memoria di San Vincenzo di Lerin (V secolo)

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