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Pilar Alluè Day

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Henry Rodgers
Henry Rodgers
Henry Rodgers insegna lingua inglese all'Università “La Sapienza” di Roma e ha pubblicato ampiamente sulla questione della discriminazione.

Il 30 maggio 1989, la Corte di giustizia dell'UE (CGUE) emise una sentenza in una causa (domanda di pronuncia pregiudiziale) intentata dalla cittadina spagnola Pilar Allué.

Impiegata come Lettrice di madre lingua straniera presso l'Università degli Studi di Venezia Ca’ Foscari, Allué aveva impugnato una legge italiana in base alla quale lei e i suoi colleghi Lettori potevano essere assunti con contratti annuali fino a un massimo di 5 rinnovi. Dal momento che tale restrizione alla durata del rapporto di lavoro non si applicava ai cittadini italiani, la Corte ritenne discriminatorio questo limite. Si trattava di una questione facile da risolvere: richiedeva semplicemente allo Stato italiano di convertire i contratti annuali dei Lettori in contratti a tempo indeterminato, prendendo come riferimento le tabelle retributive del personale docente italiano, come si faceva in precedenza.

Il 30 maggio 1989, anziché essere celebrato come il giorno cardine in cui è stato conquistato il diritto alla parità di trattamento con i colleghi italiani, è una giornata storica per i Lettori per ragioni del tutto diverse. Segna il punto di partenza da cui misurare la durata nel tempo dell'inosservanza da parte dell'Italia delle sentenze della CGUE contro la discriminazione messa in atto dallo Stato italiano nei confronti dei Lettori. Questo inadempimento persiste fino ai giorni nostri nonostante 3 successive pronunce favorevoli in una serie di contenziosi che deriva direttamente dalla sentenza determinante del 1989. In quanto tale, è la violazione più lunga mai registrata della disposizione sulla libertà di circolazione del Trattato UE.

Lo Stato italiano interpretò la sentenza Allué del 1989 come un benestare per i contratti annuali ma che rendeva illegale solo il limite al numero di rinnovi. Anche se un ricorso alla CGUE richiede tempo e denaro, Allué contestò questa interpretazione restrittiva da parte dell’Italia. La successiva sentenza del 1993 poi chiarì, al di là di ogni ambiguità, che il punto essenziale della precedente sentenza era che i Lettori (non essendo cittadini italiani) avessero diritto a contratti a tempo indeterminato di cui godono i cittadini italiani.

Una successiva legge italiana del 1995 concesse i contratti a tempo indeterminato. Tuttavia, per ridurre il costo della sentenza CGUE per gli Atenei italiani, la stessa legge contestualmente riclassificò i Lettori come personale non-docente, inquadrati nel comparto del personale tecnico-amministrativo: cosi facendo, cancellò in maniera cruciale il parametro di riferimento stipendiale con i docenti universitari italiani come base per determinare gli stipendi dei Lettori e le relative somme a loro spettanti per la ricostruzione di carriere ab origine (cioè dalla data di prima assunzione), come stabiliva la sentenza Allué.

Spettava adesso alla Commissione europea, in qualità di Guardiano dei Trattati, e alla mole di giurisprudenza della CGUE, perseguire lo Stato italiano per la mancata attuazione della sentenza Allué. Nella causa per infrazione Commissione contro Italia la Corte europea si pronunciò a favore della Commissione nel 2001. Per la mancata attuazione di tale sentenza, la Commissione europea successivamente avviò un procedimento esecutivo su cui la Corte si pronunciò nel 2006.

L'azione esecutiva fu di particolare rilievo per ragioni facilmente comprensibili. A dimostrazione di quanto considerasse seriamente la persistente discriminazione nei confronti dei Lettori, la Commissione europea chiese alla Corte europea di infliggere all'Italia una multa giornaliera di € 309,750.

Lo Stato italiano emanò quindi una legge dell'ultima ora che prevedeva la ricostruzione di carriera dei Lettori con riferimento al parametro minimo di ricercatore confermato a tempo definito oppure a parametri di miglior favore acquisiti in precedenza. Pur dichiarando l'Italia colpevole, alla scadenza stabilita per l'adempimento, la Corte ritenne che le disposizioni di questa nuova legge italiana potessero rimediare alla discriminazione in atto nei confronti dei Lettori e quindi rinunciò alla sanzione giornaliera raccomandata.

Una volta rimossa la minaccia della sanzione, lo Stato italiano non si adoperò per attuare questa legge. Con il pretesto di un adempimento simbolico, gli Atenei italiani continuarono a negare le transazioni e le condizioni contrattuali che la Corte europea aveva ritenuto soddisfacenti.

Era molto irritante per i Lettori constatare che la lunga serie di sentenze a loro favore non riuscì a rendere giustizia. Si diffuse la sensazione che lo Stato italiano si sarebbe sottratto all’obbligo di rispettare il diritto comunitario qualunque fossero le misure adottate per ottenere giustizia. Il 30 maggio 1989 venne così considerato come il Pilar Allué Day: un punto di riferimento dal quale misurare per quanto tempo uno Stato membro intransigente potrebbe sottrarsi ai propri obblighi derivanti dal Trattato UE.

Quando divenne evidente che la sentenza del 2006 non era stata attuata, la Commissione intraprese ulteriori azioni. Nel 2011 avviò una procedura pilota (un meccanismo introdotto per risolvere amichevolmente le controversie con gli Stati membri e per impedire il ricorso a procedure di infrazione). Nei 10 anni successivi non riuscì negli intenti. La Commissione quindi avviò una vera e propria procedura di infrazione nel settembre del 2021.

Un censimento nazionale dei Lettori, che comprendeva atenei da Trieste a Catania, aveva documentato, con soddisfazione della Commissione, la mancata attuazione delle sentenze della CGUE. Anche un'interrogazione parlamentare posta alla Commissione, e firmata da 8 eurodeputati, è stata chiaramente influente. Facendo notare che le università italiane hanno ricevuto generosi finanziamenti dall'Europa e che l'Italia ha ricevuto la quota maggiore del Covid Recovery Fund, gli eurodeputati hanno espressamente chiesto perché l'Italia non avrebbe ricambiato e onorato i propri obblighi nei confronti dei Lettori in base al diritto dell'UE.

In risposta alla procedura d'infrazione, la legge finanziaria di fine anno prevedeva lo svincolo di fondi per 43 milioni di euro agli Atenei per il cofinanziamento degli indennizzi spettanti ai Lettori per la ricostruzione di carriera. Una recente lettera del Ministero dell’Università e della Ricerca (MUR) ha dato tempo ai rettori universitari fino al 31 maggio per quantificare e comunicare le somme dovute.

Per i Lettori che commemorano il Pilar Allué Day di quest'anno, la coincidenza della scadenza del 31 maggio e la sentenza della CGUE del 30 maggio 1989 hanno così racchiuso i 33 anni di storia di lotte per i diritti che dovrebbero essere automatici ai sensi del Trattato UE. Anziché una festa, il Pilar Allué Day è diventato negli anni la misura della resilienza dei Lettori nella loro lunga maratona per avere giustizia.

Questa resilienza sarà ulteriormente messa alla prova. In maniera inquietante, lo schema proposto per il calcolo delle transazioni con i Lettori, per la risoluzione del loro contenzioso, legittima i metodi prescritti dalla controversa legge Gelmini del 2010: una legge che annulla di fatto la sentenza della CGUE del 2006 e che riduce notevolmente le responsabilità dello Stato italiano nei confronti dei Lettori.

Le procedure di infrazione servono a far rispettare il diritto dell'UE. Per porre fine alla più lunga violazione mai registrata della norma sulla parità di trattamento, la Commissione europea dovrebbe ricordare allo Stato italiano che la legislazione nazionale non può annullare la giurisprudenza vincolante della Corte europea di giustizia.

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3 COMMENTI

  1. Con la dovuta attenzione da parte dell'Italia al diritto dell'UE, il Pilar Allué Day potrebbe diventare una celebrazione del momento in cui l'Italia ha finalmente accettato le sue responsabilità come Stato membro dell'UE.

  2. Quante altre commemorazioni del Pilar Allué Day avranno luogo prima che l'Italia sia finalmente costretta ad attuare la presunta giurisprudenza vincolante della Corte di giustizia dell'UE?

    33 anni supera la durata media di una carriera universitaria. Di conseguenza, io e molti colleghi stranieri siamo andati in pensione senza mai lavorare alle condizioni di parità di trattamento che dovrebbero essere automatiche ai sensi del Trattato. A causa della remunerazione discriminatoria che abbiamo ricevuto nel corso della nostra carriera, ora riceviamo pensioni che ci pongono di fatto al di sotto della soglia di povertà.

  3. Il Pilar Allué Day dovrebbe turbare la coscienza dell'UE poiché rivela la facilità con cui uno Stato membro intransigente, come l'Italia, può eludere i propri obblighi nei confronti degli stranieri a dispetto di 4 nette sentenze della Corte di giustizia dell'UE.

    Questo articolo illuminante dovrebbe essere letto a Bruxelles per quei responsabili politici che monitorano l'obbedienza allo stato di diritto negli stati membri dell'Unione Europea.

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